
Ce l’eravamo detti tante volte,
a noi stessi nel buio feroce della notte,
nella luce clemente della luna
a cui ti aggrappi come ad un domani,
avremmo lasciato quell’uomo con cui si sta
come su una montagna russa,
ma quando il divertimento è finito e
non sai più perché continui la corsa
che avremmo smesso
di cercare cose rotte per poterci
con i cocci tagliare,
perché qualsiasi dolore è meglio di niente
che avremmo chiamato nostra sorella e
detto che niente importa
più di lei, oppure detto di meno,
comunque, detto qualcosa
E poi, ogni volta, il sole riportava
il ritmo del cartellino da timbrare,
della bolletta da pagare,
del film da vedere per non pensare,
perché fa male,
e ce l’eravamo detti, ma non era servito a nulla.
Ora ce lo diciamo in tempi
in cui il ritmo è così lento
che per la prima volta, dopo tempo,
a volte il cuore è più veloce,
e l’incanto è che il pianto può diventare canto,
ma se lo si ascolta, se gli si da spazio,
come ora, lì dove sei,
con il tuo cuore in mano.
